Da un mese mi lesso in casa, tra tosse e febbre del treenne e giornate nebbiose. Quel treenne giocherellone e un po’ capriccioso è il mio prolungamento umano ed emotivo, praticamente h24. E in questa situazione da ospedale è stata sempre più dura prendere la bici. Così da ciclo-mamma mi sono trasformata in piedi-mamma e alle volte in mamma motorizzata, la categoria che meno reggo. E a volte, senza accorgermene sono caduta nel trappolone della mamma alla guida un po’ esaurita. Del genere: “ma togliti dalle p….; e spostati… , ma non hai visto la freccia?”. Una sequela di insulti vergognosi, ma subito dopo mi sono sentita meglio, alleggerita. Gli effetti collaterali della mamma a casa:da qualche parte volete pur farla sfogare? E poi oltre alle continue ricadute del piccolo si sono messe di mezzo le feste natalizie. Una tragedia per la mia salute mentale: regali, auguri, pranzi e cene. Per me il mio essere cinghiale il peggio del peggio. Così, ieri mattina alle prese con il treenne mi sono vista vacillare: la mia calma serafica è stata travolta dalla stanchezza di due notti in bianco e dal treenne che correva nudo per la casa tutto contento con la febbre a 38. Qualcosa nel mio metodo di reazione collaudato ( lo prendo con calma e lo faccio ragionare) è andato storto: l’urlo è arrivato prima della ragione, entrando, così, di prepotenza, nella classe di madri urlatrici. La cosa forse ha scioccato più me che lui, tanto da non fare una piega e continuare a correre nudo. Dimostrazione che urlare non serve.
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