Sono rimasta incinta nella piena calura estiva. E mai e poi mai avrei potuto mettermi dentro un’auto. Infatti, non l’ho fatto. Specie nei primi mesi. Poi quando l’aria si è fatta più tiepida e il pancino ha fatto la sua comparsa, andare in bici mi sembrava la cosa più comoda da fare: movimento lento, aria in faccia, senso di leggerezza irrefrenabili. Poi, lo ammetto, a sette mesi ho mollato. Vedermi da fuori, sul ciglio della strada, incinta e con le macchine che mi sfrecciavano affianco alla velocità della luce mi ha spaventata. Perché volendo o no con il pancione si ha meno agilità e se si cade, si cade in due. Ma sono convinta che su questo aspetto si possa fare molto… strade più sicure, più piste ciclabili, più mobilità sostenibile. Ad esempio la famosa Antonella Pesentova di Fridabike, con l’arrivo del terzo figlio, ha rivoluzionato il suo modo di muoversi: “Pensavo non fosse consigliato dai ginecologi, non vedevo nessuna donna andare in bicicletta con un vistoso pancione, cosí ho lasciato perdere la bici per due gravidanze. Alla terza gravidanza mi sono informata e ho avuto la conferma che, se non ci sono controindicazioni particolari, si potrebbe fare e ci sono andata per tutti i nove mesi, incinta portando gli altri due figli nei seggiolini”.
Ma lei ha fatto di più. Dopo la nascita del suo terzo figlio, da brava mamma cargo Bike, non poteva fare di meglio che caricare tutti dentro il famoso “cassone”. “Infatti a due mesi Arturo era già in Cargo Bike – racconta Antonella – Noi , con una modifica, abbiamo aggiunto l’ovetto alla Christiania due posti. Esistono Cargo Bike realizzate già con le cinture per contenerlo, ad esempio la Nihola è una di queste. In commercio ci sono riduttori dai zero mesi e poi ci sono le biciclette pensate proprio per i neonati, cioè che nascono con l’ovetto al posto del seggiolino come la Taga!”.
Ovviamente con tre bimbi bisogna organizzarsi, soprattuto con gli spostamenti. Il bello, però, è non perdere mai di vista il proprio stile di vita. L’andare in bici con un bimbo piccolo non dev’essere visto come qualcosa di impossibile o pericoloso. È solo questione di abitudine… di avventurosamente bello!