Succede per poche ore al giorno. Forse nemmeno ore ma minuti. La mattina. La parte più bella della giornata (almeno per me). Quando tutto deve ancora iniziare e le mie forze ancora tengono. Riprendere la bici da sola, dopo anni di condivisione beata, è stato come mettere il primo tassello alla vita che avevo una volta. Quella devo ero io a decidere e nessun altro. Quella dove mettere le gonne in bici era più pratico di ora. Dove ogni pedalata sembrava ancora più veloce di quello che era, per raggiungere qualcosa. Non so dirvi cosa. Era una corsa contro il tempo, per dirgli “guarda ci sono, sto macinando chilometri, sto frullando come una trottola, non mi lasciare”. Oggi quella pedalata in solitaria è veloce ma assennata, allegra ma prudente. Guardo dal mio finestrino, alto appena un metro e poco più il mondo e mi sembra perfetto. Ogni cosa è al suo posto e il profumo di questa primavera assomiglia a quello della mia infanzia. La pedalata, solitaria e felice, sembra aver trovato la sua pista, il suo percorso tracciato. E quando accelera è solo per arrivare prima da lui. Non arranca, non fatica. Come in un viaggio da casa verso le nuvole e tornare, le mie mattine assomigliano a qualcosa di impalpabile: le mani fredde, il vento in faccia, le fermate improvvise per guardare il mondo all’improvviso e la voglia di non smettere mai più di pedalare.
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