Io che non ho mai fretta, potrebbe essere il titolo del libro della mia vita. Una colonna sonora silenziosa della mia quotidianità che dopo i 30 (in verità nella testa sono ancora più vecchia) è diventata una scelta, un ritmo che mi sono imposta, una voglia di rallentare senza dover perdermi nulla, anzi, gustandomi le ore vuote, quelle di noia, di rabbia, di stanchezza, quelle di sole e di nebbia, quelle dove tutto va storto e dove tutto sembra all’ennesimo potenza.
Ho fatto pace con me stessa quando mi sono accorta di correre dietro qualcosa che nemmeno volevo, di affannarmi dietro un finto sogno o desiderio, di cercare giorno dopo giorno di riempire le ore. Oggi sono felice. E scriverlo sembra banale come dire che in cielo ci sono le stelle. Eppure sono felice, di quella felicità dove il vestito che indosso mi calza a pennello. Sento che l’andare piano, prendere la bici e non correre ma pedalare in pianura con i pensieri che si dipanano sia una sensazione di felicità. O almeno qualcosa che si avvicina. Ho fatto pace, da tempo,p (scusate la ripetizione) con il tempo. Ovvero lo apprezzo, lo rispetto, lo accolgo, lo perdo e lo acquisto. Senza fretta.
Il mio tempo migliore è con mio figlio in quantità industriale, senza dover fare quella triste distinzione tra qualità e quantità. Dove “il tempo di qualità” mi sembra tanto il nome di un prodotto commerciale. Se è vero che il tempo che impieghiamo per qualcosa rende quel qualcosa speciale, io l’ho preso alla lettera. E chi se ne frega se siamo rimasti un giorno in casa a giocare, se non ho nessuno da chiamare o un appuntamento da fissare. Se non ho l’agenda fitta e le commissioni del fine settimana. Se non ho la spesa al centro commerciale e il vestito da lavoro. Se la mattina non corro per accompagnare mio figlio all’asilo ma passeggio, se non un incontro di lavoro ma solo i lavoretti di Natale all’asilo. Chi se ne frega…. credo non mi serve nulla di più di quel che ho. Il mio tempo.